Un impianto fotovoltaico è composto in larga parte da pannelli fotovoltaici, chiamati anche moduli fotovoltaici. Un pannello (o “modulo”) non è nient’altro che una struttura in grado di catturare la luce solare e di trasformarla in corrente elettrica alternata che poi viene utilizzata per gli scopi più comuni, come, ad esempio, la luce che abbiamo nelle nostre case.
Come è nato il fotovoltaico
Gli impianti fotovoltaici si basano su un principio, storicamente e scientificamente conosciuto con il nome di effetto fotovoltaico, parola derivante dal greco che unisce i termini ‘luce’ e ‘volt’, l’unità di misura della tensione elettrica. Facciamo un breve excursus. Era l’anno 1839 quando Antoine e Alexandre Becquerel, padre e figlio, scoprirono che gli elettroliti possedevano la capacità di creare corrente elettrica a seguito di una reazione indotta dalla luce. Era l’effetto fotogalvanico o effetto fotoelettrico.
Nel 1883 Charles Fritz costruì la prima cella solare che aveva una capacità di conversione in energia elettrica pari al 2%; se consideriamo che quella degli attuali impianti fotovoltaici raggiunge anche il 20 – 30%, ci rendiamo conto dei passi da gigante fatti dalla scienza. Poi ci fu Albert Einstein e il suo premio Nobel, vinto nel 1921, proprio grazie alle sue teorie sull’effetto fotoelettrico.
Per dovere di cronaca, però, dobbiamo distinguere tra effetto fotoelettrico ed effetto fotovoltaico, che non sono la stessa cosa. Quest’ultimo, infatti, produce una reazione di differenza di potenziale tra due elettrodi, mentre il primo agistce tra elettrodi che già presentano questa differenza. Ed è così, infatti, che bisognerà attendere ancora svariati anni prima di poter applicare l’effetto fotovoltaico alla vita quotidiana.
Negli anni cinquanta il principio venne utilizzato per sviluppare i primi satelliti. I sistemi allora in uso, infatti, non erano sufficienti a garantire l’energia necessaria per far funzionare correttamente i satelliti in orbita. All’epoca si utilizzavano batterie o energia nucleare, che però non riusciva a trattenere abbastanza energia affinché i satelliti agissero in maniera efficiente. La soluzione a questo problema venne trovata dall’azienda giapponese Sharp con la produzione dei primi impianti fotovoltaici. Subito ci si rese conto di come la nuova tecnologia potesse avere dei risvolti impressionanti.
Il fotovoltaico, infatti, assicurava tutta una serie di qualità perfette per gli scopi astronomici, ma anche per quelli più commerciali e destinati al grande pubblico. L’effetto fotovoltaico garantiva, e garantisce anche oggi, una fonte di energia praticamente inesauribile. Inoltre si tratta di un’energia pulita e rinnovabile. Senza contare che, a differenza di altri sistemi, un impianto fotovoltaico ha bisogno di minor manutenzione e dura nel tempo.
Quali sono le principali applicazioni dell’effetto fotovoltaico
Come è ovvio, l’effetto fotovoltaico ha applicazioni in tutti quei casi in cui serve l’energia elettrica. Ad esempio gli impianti possono essere utilizzati in tutte quelle zone non servite dalla rete elettrica o semplicemente per cercare di ridurre le spese nella bolletta della luce. In questo senso si parla, quindi, di impianti isolati o di impianti connessi alla rete.
Per quanto riguarda i primi, la soluzione ideale sarebbe quella di fornire gli impianti di batterie di accumulo in grado di immagazzinare l’energia e di utilizzarla nei momenti di mancanza di luce, come possono essere le ore notturne. In questo modo gli impianti divengono totalmente autonomi.
Quelli in rete possono anche non avere in dotazione le batterie, esiste infatti la possibilità del cosiddetto “scambio sul posto”. Si tratta in sostanza di sfruttare l’energia prodotta in eccesso, che può essere venduta alla rete pubblica, andando così a risparmiare ulteriormente su costi quotidiani e gravosi per un nucleo familiare.